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Sartoria

Richard James

Photography: Jonathan Daniel Pryce


Entrando nell’atelier sartoriale di Richard James in Clifford Street 19, a pochi passi di distanza dal centro di Savile Row, viene offerto ai nuovi arrivati un segnale immediato, ovvero che questo stabilimento si oppone ai principi più tradizionali dell’ambiente circostante: una giacca trasparente, incorniciata e montata sul muro direttamente di fronte all’entrata.

“L’abito nudo? Si tratta di una collaborazione che abbiamo fatto con Spencer Tunick, l’artista che organizza epici servizi fotografici di nudo in luoghi pubblici,” ride il cofondatore dell’azienda Sean Dixon. “È realizzata con organza di seta. Poiché è completamente trasparente, è possibile vedere tutti i minimi dettagli all’interno del cappotto. È come avere un cappotto ordinario a cui viene fatta una radiografia, in modo che si possa vedere tutta la maestria, tutti i dettagli, il modo in cui viene tessuto – tutto ciò che concerne la realizzazione di un abito su misura. Realizzarlo è stato un vero incubo, ma è un effettivo capolavoro.”

Ciò è innegabilmente vero – ma è anche un altro paio di maniche rispetto alle giacche in lana, alle giacchette in tweed e ai soprabiti a doppio petto a quadretti che si trovano normalmente esposti in questo quartiere. “Questa,” sarebbe autorizzato a pensare l’ospite inesperto, “non è una qualsiasi sartoria di Savile Row”, e avrebbe ragione: e non sarebbe sorpreso di apprendere che, quando Dixon e il suo eponimo cofondatore aprirono il negozio qui nel 1992, molti degli abitanti della zona sollevarono le sopracciglia in segno di disapprovazione collettiva.

Tra le gaffe dei due nuovi arrivati ci fu l’aprire nel fine settimana, il degnarsi di vendere una linea confezionata (normale procedura attuale in The Row, naturalmente, ma disdicevole nei primi anni ‘90), e in generale portare un tocco di fattore rock and roll all’essenza della sartoria tradizionale inglese. Fin dall’inizio la tradizione rigida fu un anatema per James e Dixon, sia che stessero prendendo le misure del cugino della Regina Elisabetta II David Linley a cavallo della sua moto (1995), sia che venissero descritti in un articolo sull’innovativo stile e design britannico nella peculiare edizione Cool Britannia di Vanity Fair o che stessero realizzando tute mimetiche per Dustin Hoffman e Robert De Niro, da indossare sulla copertina della rivista George (1998).

Richard James.

Grazie al loro fattore hip, grandi nomi dell’industria dell’intrattenimento hanno gravitato verso di loro fin dall’inizio, e il loro attuale repertorio di clienti - Mark Ronson, Benedict Cumberbatch, Daniel Craig, David Beckham, Tinie Tempah, Mo Farah, P Diddy, Jude Law, Tom Cruise, Benicio del Toro, Christian Lacroix, Manolo Blahnik, Mario Testino, Pierce Brosnan – sembra più una lista degli ospiti alla cerimonia di un premio luccicante piuttosto che un chi è chi dei campioni della sala riunioni.

“Savile Row è sempre stata nota per la sua storia di innovazione, e abbiamo percepito che ciò non era più così quando siamo arrivati,” spiega Dixon riguardo ad un approccio che richiama alla mente la dirompente spacconaggine che Tommy Nutter e Edward Sexton portarono al The Row negli anni ‘60. “Percepivamo come se molte persone avessero fatto la stessa cosa in un certo modo per molto tempo, e ne eravamo felici, ma volevamo provare qualcos’altro – un po’ di colore, un po’ di margine.”

A tal fine iniziarono a collaborare con fabbriche di tessuti per procurarsi tessuti più netti, più luminosi. “È qualcosa che Savile Row era più solito fare, ma molti persero l’abitudine,” dice Dixon. “Così arrivammo fino a Huddersfield, Bradford, in Scozia e così via, progettando concretamente i nostri tessuti.” L’austerità, come si dice, è la madre dell’invenzione, e James e Dixon si ritrovarono a trarre benefici dalla recessione che colpiva l’industria tessile a quel tempo. “Molte delle fabbriche che normalmente non si sarebbero prese il disturbo di parlarci erano un po’ più aperte perché gli affari erano complicati,” dice. “Quindi avremmo potuto dire, ‘Ok, si potrebbe cambiare quel colore, ingrandire quel quadretto, restringere quella striscia e così via.’”

Il ricordo più piacevole di questo periodo per Dixon è la visita della coppia a Hunters of Brora, una fabbrica nelle Highlands scozzesi un tempo famosa in tutto il mondo, che chiuse dopo più di 100 anni di affari nel 2003. “Lavoravano la lana proveniente dai pascoli accanto alla fabbrica,” ricorda Dixon. “Si poteva notare che i colori nei tweed che realizzavano riflettevano quelli nel paesaggio circostante – erica, muschio e così via.” Ciò fu il nirvana per un duo determinato ad iniettare più esuberanza cromatica nella sartoria tradizionale. 

La sartoria di Richard James è sempre stata relativamente tagliente, tuttavia la casa è quasi ossessivamente tradizionale quando si parla di maestria (“Siamo un’azienda analogica in un mondo tecnologico, e penso che al giorno d’oggi questo sia il motivo per cui le persone vengono e si fanno realizzare un abito – la maestria resterà sempre la stessa,” come indica Dixon).

Anche lo stile della casa è molto radicato nella tradizione sartoriale inglese. “La nostra è una forma Savile Row piuttosto classica, sebbene l’abbiamo resa un po’ più slanciata, un po’ più aderente rispetto ad alcune di quelle case più tradizionali,” dice in modo imperioso l’elegante taglia teste Ben Clarke, sebbene indichi anche che l’approccio è unico per loro, e molto radicato nel fatto che ogni cliente è idiosincratico – non solo in termini di gusto ed esigenze, ma anche di anatomia. “Se si prendessero le misure di 100 pesone in una stanza, mettereste insieme un fisico nella media, ma vi garantisco che nessuna di quelle 100 persone si sentirebbe a proprio agio in quella media,” dice.

“Ognuno qui ha qualcosa di leggermente diverso da offrire,” come la mette Dixon, “e questa è la cosa più importante. Ecco cos’è The Row ora.”

“Quindi abbiamo un metodo centrale – io lo chiamo la Nave Ammiraglia – che adattiamo e sviluppiamo in base al cliente. Se le sue spalle hanno una tendenza a protrarsi in avanti, inseriamo tagli nelle tele al di sotto del tessuto per adattarlo. Poniamo un enorme accento sull’occhio – le misure possono dirti solo tutto questo. Oltre ad uno ‘schema delle dimensioni’ – le misure del cliente – abbiamo uno ‘schema dell’atteggiamento’, che si riferisce a stravaganze, gobbe, spalle protese in avanti, incongruenze.”

Dato il loro abbracciare l’eredità e la metodologia abilmente eseguita di Savile Row, era inevitabile che quelle sartorie affermatesi da tempo su The Row, una volta assorbita e accettata la bizzarra sfrontatezza di Richard James, sarebbero arrivate ad accoglierli nell’ovile. In effetti lo stesso Richard James – che di questi tempi è meno coinvolto nella gestione degli affari per salute cagionevole – una volta parlò della prima visita mai effettuata al loro stabilimento dal defunto Sir Hardy Amies, la cui casa sartoriale si trovava su The Row dal 1946: “Ricordo bene la sua auto, guidata da un autista, che si accosta fuori da Richard James e Sir Hardy che ne emerge come Lady Bracknell. Gettò un’occhiata lugubre sulle giacche rosa brillante e verde acido nelle nostre finestre prima di scuotere la testa rivolto a noi con simulata incredulità. E poi sorrise…”

Di questi tempi, ovviamente, con le sartorie affermate da tempo e i taglienti nuovi arrivati che coesistono felicemente in uno spirito di mutuo rispetto su The Row, Richard James è nel suo elemento. “Ognuno qui ha qualcosa di leggermente diverso da offrire,” come la mette Dixon, “e questa è la cosa più importante. Ecco cos’è The Row ora.”

29 Savile Row, London, W1S 2EY

Nick Scott Editore dell'edizione britannica di Robb Report, ex Capo redattore di The Rake e vice editore dell'edizione australiana di GQ, ha pubblicato diversi articoli su Esquire, The Guardian e il Financial Times.